Recensione Concerto di Ute Lemper Al Piccolo teatro (Milano - 11.10.07)

Ute Lemper
RECENSIONE DEL CONCERTO DI UTE LEMPER AL PICCOLO TEATRO DI MILANO
11 ottobre 2007
Testo di : Eva Simontacchi
Foto di repertorio di Ute Lemper

«Ogni canzone è una pièce di teatro che racconta di un paradiso perduto, e ci parla di oggi, e di noi» scriveva Ute Lemper a proposito dell’album Illusions.

Lei mette in scena suoni e parole di un piccolo universo personale; svela l’ambiente suggestivo del cabaret storico berlinese (Hollaender) e parigino (Piaf, Brel), il cui senso profondo, nell’America dove lei vive, rivive non tanto nel vecchio music hall, ma nei club di San Francisco e del Village a New York dove i songwriters (Dylan, Waits, Cave), oggi come negli anni Sessanta, recitano il loro dissenso verso la società e l’omologazione dell’arte.

Il Piccolo teatro, di fronte al Castello Sforzesco di Milano, è affollato di persone venute ad ascoltare ciò che Ute Lemper, poliedrica e magnetica cantante, attrice, ballerina  e show-woman  ha da raccontare al pubblico milanese. Spiega che questa sera, il suo viaggio ci porterà indietro nel tempo, in Germania, fino ai giorni nostri, ripercorrendo la guerra, il dopoguerra, la caduta del muro di Berlino, e giorni odierni.  Il filo conduttore che collegherà tutte le canzoni e tutti i fatti è un boa di piume rosso lacca, che porta sul vestito nero. Parla dei vari proprietari che hanno ricevuto o a cui è stato regalato questo boa rosso, e a ogni aneddoto – nel quale include anche dei riferimenti storici e politici – canta un brano diverso. A ogni concerto cambia “viaggio”, e i musicisti mi hanno spiegato che durante il tour i concerti sono stati sempre diversi. In effetti, anche a Milano, le serate si differenziano e hanno titoli diversi: “Voyage” e “Angels Over Berlin”.


La band che la accompagna in tour è formata da eccellent musicisti: Mark Lambert (chitarra, voce); Werner "Vana" Gierig (piano), Don Falzone (contrabbasso), Todd Turkisher (batteria).  La band prepara l’arrivo della bionda artista con un’interludio musicale, e mentre i riflettori la seguono lungo il palco, Ute Lemper inizia il suo monologo. Abito nero, splendida figura e movenze feline e teatrali, ci regala il primo brano, “Yiddish Medley” (Chava Alberstein). Segue una sublime versione di “Lili Marlène” (Schultz), che ci riporta ai tempi della divina Marlène Dietrich. Segue “Lola” (Friedrich Hollaender). Ute Lemper intrattiene il pubblico da grande professionista e diva, e la sua voce a tratti spigolosa e aspra, a tratti angelica e cristallina tiene tutti con il fiato sospeso in attesa del seguito. E’ impossibile distrarsi perché ogni sua movenza, ogni cambiamento nel colore della sua voce, ogni gesto che offre al pubblico incanta e affascina. La band accompagna egregiamente l’eclettica artista, che presenta ogni musicista al pubblico varie volte durante la serata.
Lo spettacolo prosegue con quattro brani di  Brecht/Weill: “Salomon Song”, “Kanonen Song”, “Surabaya Johnny” e “Bilbao”.  Nel racconto, in qualche modo il boa rosso ci porta all’esecuzione di “Moondance” (Van Morrison), seguito tra monologhi e aneddoti da “Pirate Jenny” (Brecht/Weill), “Ghosts Of Berlin” (Ute Lemper), “Moritat” (Brecht/Weill).  Il concerto termina con “Estate” di Bruno Martino e “Cabaret” di Kander/Ebb.


Al termine del concerto, richieste di bis e ovazioni da parte del pubblico. Una splendida serata all’insegna della musica d’autore accompagnata da una sezione ritmica dall’impronta raffinatamente jazzistica.

Ute Lemper