Intervista a Jean Paul Maunick - INCOGNITO

Jean Paul Maunick and Eva Simontacchi
 
INTERVISTA CON JEAN PAUL “BLUEY” MAUNICK – INCOGNITO
Milano, 23 Settembre 2010  
Di: Eva Simontacchi

Stasera al Blue Note, gli Incognito, pionieri della scena britannica dell’acid jazz. Il loro leader è il vocalist e chitarrista Jean Paul “Bluey” Maunick, inglese, originario delle Mauritius. Il loro esordio avviene nel 1981 con l’album “Jazz Funk”: attraverso la splendida voce di Maysa Leak, Maunick riesce a creare un genere che mescola jazz e funk, ottenendo atmosfere uniche. Una decina d’anni più tardi questo nuovo stile si sarebbe chiamato acid jazz. Nel 1991 gli Incognito tornano dopo un periodo di silenzio sulla scena internazionale con “Inside Life”.

La consacrazione avviene con l’album seguente, “Tribes Vibes and Scribes” del 1992, dove troviamo una versione rivisitata di “Don’t You Worry About A Thing” di Stevie Wonder. Segue nel 1993 un altro successo con l’album “Positivity”. Decenni di attività durante la quale gli Incognito hanno mantenuto fede alla loro idea musicale, ovvero quella di un sound non solo da ballare ma anche da ascoltare, che potesse conciliare la raffinatezza del jazz con il calore e la sensualità sonora del soul-funk. Musica coinvolgente, arrangiamenti ineccepibili ricchi di fiati e percussioni e un groove irresistibile sempre più orientato al contemporary R&B.

Incontriamo Jean Paul “Bluey” Maunick nel backstage,  che risponde affabilmente e amichevolmente alle nostre domande.


E.S.: Hai dichiarato che questo progetto è come la “chiusura” di un cerchio a 31 anni dall’inizio del progetto Incognito, e dopo 14 dischi. Non è un ritorno a qualcosa, ma uno stile in cui credete, si tratta del vostro sound….


J.P.M.:
Si tratta di un capitolo in cui vai da ciò che ti ha influenzato al lavorare direttamente con le cose che ti influenzano in primo luogo.  Si tratta di un ciclo, ed ecco il motivo per cui il progetto si chiama “Transatlantic R.P.M.”. Avrei potuto chiamare l’album semplicemente “Transatlantic”, che rispecchia l’oceano che divide l’America da casa mia, il Regno Unito, ma ho scelto “Transatlantic R.P.M.” in quanto R.P.M. significa “revolutions per minute” (n.d.t.: giri al minuto), come nei vecchi vinili, ed è stato attraverso i vecchi vinili che sono entrato in contatto con questa musica, ascoltando artisti quali Chaka Khan, gli Earth, Wind and Fire, e gente come Leon Ware. E ora con questo disco, il cerchio è stato chiuso, i giri si sono completati in quanto sto lavorando con Chaka Khan, con alcuni componenti degli Earth Wind and Fire, e con Leon Ware. Dunque gli artisti che hanno influenzato la mia vita, di cui ho acquistato i dischi fanno ora parte della mia vita, e questo capitolo è per certi versi un capitolo di chiusura, almeno per quanto mi riguarda, perché sono tornato a tutto ciò che mi ha influenzato.


E.S.: Che sensazione ti ha dato il fatto che sia successo tutto questo? C’è stato un momento nella tua vita in cui sentivi che sarebbe successo?


J.P.M.:
No… E’ una cosa che sogni quando sei bambino. La maggior parte della gente che entra nell’ambito musicale lo fa perché ha ascoltato qualcosa. Si potrebbe trattare di un bambino che ha visto qualche spettacolo pop…. Lo vede e poi si piazza davanti allo specchio con in mano una spazzola per capelli, e usandola come microfono si mette a cantare. E’ stata la stessa cosa per me, dopo avere ascoltato musica sulle spiagge delle isole Mauritius…. Dopo avere ascoltato i Beatles e i Rolling Stones, dopo avere ascoltato James Brown per la prima volta. Li emulavo, anche se come strumento avevo solo un bidone di olio e delle bacchette di bambù. Allora diventavo il batterista. Nei Beatles diventavo il bassista, e nella band di James Brown, dato che avevo questo rudimentale tamburo, diventavo il batterista.  La nostra immaginazione è molto potente, e molti artisti che hanno successo nella musica e hanno una carriera affermata riescono perché la loro immaginazione è forte, e dunque possono passare dall’immaginazione all’ispirazione, e dall’ispirazione passare alla loro realtà, alla loro creazione. Il passaggio è dall’immaginazione, all’ispirazione alla creazione.


E.S.: Ora che hai “chiuso il cerchio”, dove ti sta portando la tua immaginazione?


J.P.M.
: Dato che viaggio molto, sono i miei viaggi che ispirano ciò che faccio. Penso che il prossimo album sarà un album pieno di presenza internazionale, magari andando a Cuba o in Brasile. Questo accadrà prima o poi, non so se si tratterà del prossimo album o di un album successivo, perché a volte ho delle idee in arrivo…. Ricordo che pochi mesi fa la mia idea era assolutamente quella di andare a Cuba e in Brasile e registrare il prossimo disco. Ma ora sono stato in tour, e tornando a casa sono riuscito a costruire una piccola stanza per registrare batteria e percussioni, e il suono è talmente fantastico che sto pensando: “Voglio proprio fermarmi qui e registrare tutto ora”, e così potrei mettermi a lavorare sull’album settimana prossima, o poterei non iniziare fino al nuovo anno. In realtà dipende dalle atmosfere che ti circondano quando hai il tempo per lavorare. Dunque sto arrivando al primo momento che avrò libero per incidere, che è il mese di dicembre, e il momento stabilirà dove si troverà il mio spirito. Sai, come per molte altre persone la nostra vita non è così prevedibile. Potresti fare dei piani, poi però potrebbe esserci un’eruzione vulcanica, e tu potresti non essere in grado di volare a causa delle ceneri vulcaniche nell’aria. Ho mio fratello a cui è stata diagnosticata una malattia grave, e dobbiamo decidere se partire ugualmente o restargli accanto. Dunque ci sono sempre molte variabili, e si deve rispondere a molte domande. La mia vita non è diversa da quella delle altre persone, che devono sempre rivalutare e riprogrammare il loro viaggio.


E.S.: Cosa ci dici della tua band? In che modo contribuiscono o partecipano al progetto? Perché ovviamente si tratta di una bellissima esperienza multietnica.


J.P.M.:
La cosa è questa: quando apri le porte alla famiglia e agli amici, la band si situa da qualche parte nel mezzo. Sono più che una conoscenza o compagni di lavoro, perché stai condividendo con loro qualcosa di spirituale e di tangibile che è la tua realtà quotidiana, dunque si situano tra la famiglia e gli amici. Ho lavorato in uffici nella mia vita, in fabbriche. Posso dire con sicurezza che ho stretto amicizie, ma quando lavori con qualcuno in una band il rapporto è più profondo che in una amicizia, perché condividi un legame e un interesse comune, un legame che a volte non hai nemmeno con la tua famiglia. La musica è un legame, ed è un collante che non può essere spiegato a meno che tu non sia un musicista. Anche gli artisti nella loro comunità non hanno questo legame, perché in realtà dipingono per loro stessi, in solitudine. E’ un luogo solitario, egoistico. Anche noi abbiamo quell’”egoismo” ma abbiamo anche il lato, la qualità della condivisione, e dunque facciamo affidamento gli uni sugli altri, facciamo affidamento sugli altri per avere una buona energia per essere in grado di esibirci; facciamo affidamento su qualcuno per risolvere qualche problema, e per poter andare avanti con l’impegno di fare musica e di donarla al pubblico. Alcune persone sono più spiritualmente vicine alla nostra musica rispetto ad altre, e a volte capita che entrino persone nella band che non sono in sintonia, e a un certo punto il rapporto non dura con il passare del tempo. A volte succede. Non è che non si tratti di grandi musicisti, o che non desiderino avere una grande carriera…. Potrebbero al contrario avere una carriera migliore della mia, ma il lavoro di gruppo, la scelta dei musicisti diventa come la scelta del tuo compagno di vita.


E.S.: Come nasce una nuova canzone? Da dove nasce l’ispirazione? Dalla vita quotidiana? Da Viaggi? Da ciò che ti accade intorno?


J.P.M.
: E’ esattamente come dici. Potresti camminare di fianco a un muro e leggere qualcosa che c’è scritto sul muro o su un poster, in un articolo di giornale, una rivista, qualcosa che tuo figlio ha detto. L’aurora, il tramonto, nubi oscure, cieli azzurri…. Buone relazioni, cattive relazioni, un odore nell’aria, un sapore. Un nuovo strumento che ti ispira a scrivere, un vecchio strumento. Colori, sfumature, le parole di altre persone, conversazioni ascoltate per sbaglio, l’ascolto di grandi cantanti, poesie che si ascoltano, libri che si leggono, radio, televisione, computer…… informazione. A patto che si tratti di pensieri ispirati, potrai trarne una canzone. Spesso leggiamo qualcosa che rimane dentro di noi e diventa parte integrante della nostra personalità. Se hai 15 o 16 anni e leggi “On The Road” di Jack Kerouac, e ne rimani colpito, o partirai per un viaggio in autostop, oppure vorrai vivere una vita fantasiosa cercando vita e amore “on the road”, oppure come compositore verrai ispirato non solo a viverla, ma anche a riscriverla per te stesso nelle tue canzoni, perché non c’è bisogno di riscrivere il libro; è già stato scritto. Le influenze sono ovunque, ma una cosa che differenzia chi scrive canzoni da altre forme di scrittura è che noi abbiamo questa particolarità per cui la canzone diventa la colonna sonora delle vite di altre persone. Dunque ciò che metti attorno alle parole….  le parole creano un collegamento con qualcuno…. Ma quando ascoltano la melodia, il suono, già alla prima nota la canzone è riconoscibile, e possono esclamare: “Ecco la nostra canzone!” E’ come aprire un vecchio libro di fotografie. E’ come aprire l’altlante del Mondo. Dopo le prime tre note di una canzone, sei dentro!

Incognito al Blue Note di Milano sett. 2010


Concerto:
La formazione di stasera al Blue Note comprende i seguenti artisti:
Jean Paul “Bluey” Maunick (chitarra e banleader), Vanessa Haines (voce), Tony Momrelle (voce), Kelli Sae, (voce, arrivata in volo dagli Stati Uniti, e più volte ringraziata durante la serata dal leader del gruppo), Francesco Mendolia (batteria e percussioni), Matt Cooper (tastiere), Francis Hylton (basso), Sid Gauld (tromba), Alistair White (trombone), Simon Willescroft (sax).


Il set ha inizio con il brano “Talking Loud” (Bull, Richard;Maunick, Jean Paul;Harvey, Graham) e prosegue con “As” (Stevie Wonder). Il sound è coinvolgente, gli artisti portano come hanno sempre fatto una tangibile energia, ritmo, calore, e grande professionalità. Seguono “Life Ain’t Nothin’ But A Good Thing”, “1975”, “Expresso Madureira”, “Still A Friend Of Mine”, Low  Down” cantata da Mario Biondi, chiamato sul palco da Jean Paul Maunick, “Put A Little Lovin’ In Your heart”, “Colibri”, “Omega”, “Always There”, Reach Out” “Every Day”, “Nights Over Egypt”, e “I Hear Your Name”.
Un concerto che ha registrato il tutto esaurito, e non ce ne sorprendiamo. SI tratta di un gruppo che ha una storia, uno stile unico e una grande capacità di trasmettere e fare musica in uno stile inconfondibile e di grande impatto. Splendidi gli interventi di Kelli Sae, chiamata dagli Stati Uniti in occasione di questo concerto, e che aveva già collaborato con gli Incognito in passato in varie occasioni. Jean Paul Maunick ha punteggiato il concerto con vari racconti e aneddoti, oltre a eseguire lui stesso un brano vocale divertente e coinvolgente. Una serata che ha lasciato tutti molto carichi, e a mio parere uno dei più bei concerti degli Incognito al Blue Note di Milano.

 CD cover

 


ALBUM:
Incognito – Transatlantic R.P.M. (2010)  Genre: Jazz
Tracklist:
1. Lowdown (Feat. Chaka Khan & Mario Biondi) 4:29
2. Everything That We Are (Feat. Lucky I Am) 3:56
3. 1975 (Feat. Joy Rose) 4:38
4. Your Sun My Sky (Feat. Maysa) 4:04
5. Line In The Sand (Feat. Leon Ware) 4:23
6. Gotta (Feat. Ursula Rucker) 4:12
7. Let’s Fall In Love Again (Feat. John-Christian Urich (Tortured Soul) 4:23
8. The Song (Feat. Chaka Khan & Mario Biondi) 5:09
9. Put A Little Lovin’ In Your Heart (Feat. Tony Momrelle) 5:24
10. All Of My Life (Feat. Joy Rose) 4:49
11. Expresso Madureira 5:27
12. Life Ain’t Nothing But A Good Thing (Feat. Vanessa Haynes) 5:59
13. Make Room For Love (Feat. Tony Momrelle) 6:02
14. Can’t Get Enough (Feat. Mario Biondi) 3:59
15. The Winter Of My Springs (Feat. Tony Momrelle, Joy Rose & Lurine Cato) 0:41
16. Tell Me What To Do 5:20

FOTO DEL CONCERTO, DI EVA SIMONTACCHI
 
Vanessa Haines
 
 Vanessa Haines

 Kelli Sae

Kelli Sae

Jean Paul "Bluey" Maunick

Jean Paul "Bluey" Maunick
 
Tony Momrelle and Kelli Sae
 
Tony Momrelle and Kelli Sae
 
Jean Paul "Bluey" Maunick
 
Jean Paul "Bluey" Maunick
 
Mario Biondi
 
Mario Biondi
 
Incognito
 
Incognito