Intervista a Giovanni Mattaliano - 20.02.2012

 

Giovanni Mattaliano

 

 foto di Rino Liguoro

 

Intervista a Giovanni Mattaliano
Di: Eva Simontacchi
fotografie di : Rino Liguoro
Febbraio 2012   




E.S.: Con una carriera di tutto rispetto alle spalle, ed eccellenti collaborazioni, quali sono le sensazioni che provi quando crei la tua musica, e a cosa fai riferimento?

G.M.: Il mio iter musicale, è sempre stato senza sosta e si è espresso in varie direzioni particolari e universali, essendo di origine greco-latina, direi di essere, con il sole in testa e l’orizzonte del mare dinanzi lo sguardo, non è una coincidenza che ricerco continuamente una meta che persegue il raggiungimento dell’immaginazione epicurea da trasformare in suono.  La versatile magnificenza dell’aurea sonora, nello spirito creativo del ‘900, si arricchisce di jazz e in altre parole di ricerca individualistica, di grande credo artistico, spesso solitario; non dimentichiamo che il compositore e/o interprete raggiungono il proprio suono nel silenzio sino a divenire un tutt’uno con esso.

Il percorso di un brano di qualsiasi formazione strumentale, a mio avviso, vive di libertà espressiva e saggezza emotiva, sia interiore che esteriore, da condividere con musicisti dall’anima speciale che sappiano improvvisare attraverso il culto del sound sofistico che si sviluppa già nell’antica grecia.
Ecco perché il jazz, ai nostri giorni è ancora il punto più alto della ricerca sonora, non pone limiti all’immaginazione in ogni direzione musicale, trasformando il musicista in un vero e proprio puro idealista. Il jazz forma musicisti dal carattere e personalità, libera, mistica, irruenta e poetica, con una produzione artistica, smisurata e accessibile al grande pubblico.  

E.S.: Parlaci di “Soteira”, il tuo ultimo progetto, che non è facilmente definibile come genere musicale, poiché tocca aspetti classici, antichi e anche folk-popolari, con una sottile venatura jazz in alcuni punti. Ci sono echi che arrivano da tante direzioni e che si fondono insieme nelle tue composizioni. Come è nato questo progetto?

G.M.: Nell’antica grecia il significato di “Soteira” raffigura la saggezza che induce alla salvezza, commemora l'unione del dio e della dea nella danza d'amore che crea la vita, intrecciando la trama di un sogno in grado di avverarsi. Cosa di più lungimirante!”Soteira” è anche un’ ode alla forza del genere femminile, in continuo divenire(Panta rei) in ogni sua affascinante espressione emotiva. Dedico questo mio lavoro discografico in particolar modo alla figura della donna “salvatrice” proiettata nell’innovativo III millennio. “Soteira” è il canto di un suono libero che accompagna con spiritualità ogni carattere sonoro, atto al riguardo di poetiche gesta compositive, che attraversano, come ad esempio anche nel brano “Barok”, il glorioso passato delle cattedrali barocche, ricco di un’architettura che quasi anticipa l’arrivo della Dea jazz. Ne consegue e si evince da ciò che il jazz, a mio avviso, sia l’evoluzione anche del grande barocco che incontra ai nostri giorni la libera anima popolare, rimettendo in moto il percorso del dinamico e inesauribile mondo sonoro. Sicuramente un periodo storico di gran fascino per noi attori del suono.  

E.S.: Ci parli delle tue ultimissime ricerche sul suono? Nel tuo ultimo album “Soteira” questa ricerca si avverte.


G.M.:  La mia ricerca compositiva è legata in prevalenza all’amore per i miei fiati dall’animo jazzmed, rapiti dal vento vibrante di un soffio leggero che anima la mia passione. Nei 9 brani dell’album ricerco il suono antico delle frastagliate e lucenti coste mediterranee, che tra l’altro ho avuto occasione di osservare nel 2003, in una lunga tournèe durata 60 giorni che toccò 14 paesi del mediterraneo, organizzata meravigliosamente dal teatro Toursky di Marsiglia e dall’ambasciata francese con la direzione artistica di Richard Martin. In quell’occasione improvvisai con centinaia di musicisti straordinari, tutti con tante esperienze culturali e sociali molto forti, ricordo ancora ogni attimo di quel viaggio ulissiano. Mi trovai anche ad esibirmi, improvvisando sopra una gru in duo con un altro clarinettista rumeno, insieme ricreammo delle improvvisazioni yiddish stupende. In “Soteira” descrivo un racconto immaginario, quello del mio viaggio, accompagnato in ogni istante da un amore grandissimo per ogni impresa e azione che ho intrapreso a favore della musica. Questo album l’ho voluto condividere anche con alcuni musicisti e profondi conoscitori del sound popolare come Mascellino, Apprendi e Patti, tutti viaggiatori con alle spalle numerosissimi concerti in giro per il mondo.

E.S.: In che direzione ti senti spinto a questo punto della tua carriera?

G.M.:
Cerco di scrivere la mia musica, immaginando i tanti percorsi possibili del suono e del fascino liberatorio e terapeutico che esercita sull’animo della gente vicina e lontana. Amo viaggiare e spero di girare ancora tanti luoghi dove poter far musica. In questo periodo tra l’altro sto dedicando il mio tempo anche all’insegnamento all’interno del dipartimento jazz del conservatorio di Palermo.

 Giovanni Mattaliano

foto di Rino Liguoro

E.S.: Un breve consiglio per i giovani musicisti che si accingono a vivere la musica come professione…

G.M.
: Consiglio di curare la loro immaginazione, studiando con gran curiosità, cercando di immedesimarsi nella vita di ogni musicista, poeta o filosofo del passato e soprattutto impegnandosi di volare alto sino a raggiungere la creativa bellezza. Il musicista vive la propria scena dedicando ogni attimo allo scopo di dire, suonare e quindi vivere il coinvolgimento di ogni secondo trascorso a far musica, ricercando il proprio spazio in ogni angolo d’arte.

E.S.: Secondo te, in Italia, e in Europa in generale, che opportunità vengono realmente offerte ai musicisti per esprimersi nelle loro opere e progetti originali?

G.M.: Le possibilità ci sono sempre, come dicevo prima bisogna curare il proprio individualismo all’avventura e all’amore verso se stessi e gli altri e soprattutto studiare continuamente ricercando la visionarietà più autentica. La vita dura fino all’ultimo giorno, prima del grande viaggio, ed è di chi la cerca con ottimismo e profonda umanità. L’italia non è una nazione qualsiasi, è camaleontica, con infinite possibilità d’arte e si impegnerà tanto al raggiungimento della grande europa, noi musicisti viaggiatori lo stiamo già facendo!

E.S.: All’interno dell’album parli del viaggio di un sound ideale e in particolare scrivi dei versi:”dove giunse il suono”!Di cosa si tratta esattamente?


G.M.:
E’ da qualche tempo che scrivo dei “versi d’arte sonora”, li ho chiamati così, e racchiudono le mie sensazioni vissute attraverso “il suono degli occhi” sintesi di un viaggio ideale e magnifico. E’ una raccolta di circa 30 liriche in forma libera, dedicate a personaggi e a sensazioni artistiche immaginarie, ve ne riservo una di seguito dedicata al clarinettista jazz Tony Scott, un autentico viaggiatore della storia del jazz:

“Scott man jass…”

Un mare di reminiscenza lo scaraventò fuori dall’isola della bellezza,
temerario nello strizzar l’occhio alla natura che lo incontrava,
bevve un’ancia all’arancia e tra un deciso elisir e un color insolito nacque un fiato d’ebano,
di suoni roventi rimbalzavano i punti blues,
con ogni fragore e senza timore sbucò tra le avanguardie della nutrita visione,
l’adone colse l’illimite nella spiritualità di una vita mescolata tra colori,
in attesa di esser colti liberò il suo spirito, riconosciuto dai movimenti passati inosservati …
senza mai rinunciare all’ eternità irrisolta …
osserva le mete, veglia il suono senza rumori,
è dovuto tanto da scoprire e in volo l’incompreso futuro vive…
Vedrai tu, Scott,
seguirai il gesto di un pipistrello segnato dal suono dei Prìncipi,
navigherai i contrastanti fiati del vento nel riequilibrio d’un pensiero richiamato a verità!

(autore: Giovanni Mattaliano –  ottobre 2011)

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